Picchiati selvaggiamente, costretti dalla polizia greca a denundarsi e a buttarsi nel fiume Evros senza saper nuotare. Sono stati uccisi così giovedì scorso 3 ragazzi siriani mentre cercavano di raggiungere l’Europa. Lo denuncia il gruppo di 50 persone che era con loro e che si trova tuttora bloccato in un’isola del fiume Evros senza accesso nè a cibo nè ad acqua.
Vi proponiamo la traduzione dell’articolo apparso sulla stampa greca: https://www.efsyn.gr/ellada/dikaiomata/352809_egklima-ston-ebro
Giovedì 14 luglio tre rifugiati siriani sono stati uccisi dagli agenti di polizia greca, secondo le testimonianze e i filmati di un gruppo di 50 rifugiati che da allora sono rimasti bloccati su un’isola di Evros, dove sono stati trasferiti con la forza e abbandonati dalle autorità greche.
I rifugiati si sono rivolti ieri alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) attraverso il Consiglio greco per i rifugiati e HumanRights360, chiedendo un ordine urgente al governo greco di effettuare un’operazione di salvataggio, garantire le condizioni di base per la sopravvivenza e registrare la loro richiesta di asilo.
Secondo le loro agghiaccianti testimonianze, un siriano è morto durante il brutale pestaggio durante il quale oltre 50 persone sono state informalmente arrestate una volta raggiunta la costa greca. Gli altri due sono morti per annegamento perché la polizia li ha costretti a togliersi i vestiti e a gettarsi nel fiume per raggiungere a nuoto la riva turca, quando non sapevano nuotare.
Quello che ci raccontano le persone intrappolate è un altro tentativo brutale e criminale, se non addirittura omicida, di rimpatriare illegalmente i rifugiati dalla sponda greca dell’Evros alle isole del fiume, dove le autorità greche li abbandonano per farli passare da soli in Turchia. Se ciò non avviene, le autorità greche si fanno carico di rimpatriarli, ignorando gli ordini della CEDU di salvarli, spesso utilizzando altri rifugiati schiavi che acquistano in cambio un permesso di soggiorno temporaneo, secondo le recenti rivelazioni di organizzazioni e stampa europea.
“Come ci hanno raccontato, una volta entrati in territorio greco, sulla sponda greca del fiume Evros, hanno incontrato uomini vestiti di blu con la scritta polizia e alcuni in mimetica e in tenuta da commando, che li aspettavano sulla riva del fiume. Lì hanno iniziato a picchiarli. Sul posto c’erano anche persone di lingua araba che li hanno picchiati ancora di più, indipendentemente dall’età e dal sesso. Hanno anche picchiato […] una donna anziana sulla settantina. Uno dei rifugiati è morto sul posto durante le percosse. Successivamente, hanno messo le famiglie e i bambini su delle barche e li hanno portati sull’isola di fronte. Gli uomini da soli sono stati costretti a spogliarsi e a gettarsi nel fiume con la forza. Ci hanno informato che mentre nuotavano verso l’isolotto per salvarsi, due di loro che non sapevano nuotare sono annegati. Uno di loro gridava aiuto a coloro che si trovavano già sull’isolotto, ma poi si sono sentiti degli spari dalla parte greca e le persone di lingua araba hanno gridato che se vi avvicinate per salvarlo vi uccideremo. C’è un video che mostra un cadavere senza vestiti che galleggia”, sottolineano le due organizzazioni nel loro ricorso alla CEDU.
Nel video, i rifugiati scoprono il corpo di uno dei due siriani annegati nel fiume Evros che galleggia vicino all’isolotto. Le autorità hanno costretto gli uomini senza famiglia a spogliarsi e li hanno gettati nel fiume per raggiungere a nuoto la sponda turca, senza che alcuni di loro sapessero nuotare.
I rifugiati dicono di aver identificato il siriano morto sulla costa greca quando hanno visto una foto del suo corpo sui social media in lingua araba, ritrovata da altri rifugiati sulla costa turca dove si era arenato. Secondo quanto riportato, il rifugiato era accompagnato dai suoi due figli piccoli, di cui si sono perse le tracce dopo la sua morte.
Sono disponibili video del momento in cui i rifugiati intrappolati scoprono, con grida strazianti, il corpo di una delle vittime che galleggia nel fiume vicino all’isolotto. A disposizione del giornale, delle organizzazioni e della CEDU ci sono anche foto e video girati sull’isolotto, che mostrano uomini senza vestiti, solo con la biancheria intima, nel fango, bambini piccoli che piangono e cercano di dissetarsi filtrando l’acqua del fiume con sassolini e tovaglioli di carta in bottiglie di plastica, e altri rifugiati in preda alla disperazione.
Si tratta di 34 siriani, 13 di origine curda e 3 palestinesi, tra cui una donna di 70 anni affetta da diabete che necessita di cure mediche, due donne incinte di 8 e 6 mesi e 12 bambini. Le organizzazioni hanno informato ieri mattina le autorità greche sulla situazione, inviando la posizione geografica dei rifugiati.
“Finora non abbiamo ricevuto risposta e non c’è stato alcun recupero da parte delle autorità greche, né è stato concesso loro l’accesso alla protezione internazionale”, si legge nel ricorso presentato alla CEDU. Fino alla tarda serata di ieri, non c’erano informazioni su un’operazione di salvataggio per le persone bloccate, ma un video inviato dai rifugiati mostra elicotteri che sorvolano l’isolotto.